TESTIMONIANZA DI UN RICERCATORE ITALIANO EMIGRATO ALL'ESTERO: APRIAMO GLI OCCHI E RENDIAMOCI CONTO DEL PAESE IN CUI VIVIAMO...Leggi

Gatto Solitario è un ricercatore italiano emigrato in Svezia e ci rivela le differenze tra l’università in Italia ed in Svezia oltre a darci un panorama della vita in Svezia.


Come hai trovato il posto di ricercatore in Svezia? 

Stavo per finire il mio dottorato in Italia, e quindi mi stavo guardando in giro per cercare un’occasione di lavoro all’estero. Questo anche perché in Italia non c’era nessuna possibilitá di crescere e di fare carriera, quei pochi posti disponibili erano altamente sottopagati e non vedevo l’ora di vedere il resto del mondo. Secondo me ogni persona che fa ricerca deve cambiare almeno un paio di nazioni (ed io l’ho fatto solo una volta). Era un tardo pomeriggio di agosto quando mi é caduto l’occhio su un annuncio per un post-doc in Svezia. Ho quindi guardato il sito del gruppo di ricerca, letto le loro ultime pubblicazioni ed ho deciso di inviare una email per mostrare il mio interessamento per la posizione. Il giorno dopo colei che sará il mio futuro capo mi invita per a fare un seminario presso il dipartimento per mostrare il mio lavoro di dottorato, quindi mi intervistano una serie di persone e poi torno in Italia. Tutto pagato ovviamente da loro, aereo compreso. Dopo qualche settimana mi dicono che mi vogliono e quindi ad inizio Novembre 2005 arrivo qui. Inoltre sulla scelta dell’estero non é da sottovalutare il “razzismo” interno in Italia. Io napoletano feci un colloquio al nord Italia e mentre parlavo con il direttore dell’istituto questo mi chiede : ” Ma poi tu sei di Napoli, riesci a vivere così lontano da casa?”. E mi offrivano la bellezza di 1100 euro al mese per un anno. Beh, la storia parla da sola su cosa ho scelto e visti i risultati ho fatto bene 

Quali sono le differenze tra il fare il ricercatore in Italia e farlo in Svezia?

Diciamo che piú che paragonare l’Italia e la Svezia io paragonerei l’Italia ed il resto del mondo occidentale (in istituti di un certo livello internazionale). Ho diversi amici che lavorano in giro per il mondo, anzi se ho fatto bene i conti 27 su 30 dei miei compagni di corso ormai vivono all’estero in maniera definitiva o quasi. Diciamo che quello che ho avuto modo di vedere, e che a grandi linee succede anche altrove, é che sei libero di fare la tua ricerca e di esprimere le tue idee, l’importante é argomentarle in maniera professionale e scientifica. Tutti, a partire dal capo di Dipartimento, sono lí per ascoltarti. Poi ovviamente facilitá di accesso ad apparecchi molto sofisticati, molti fondi per acquistare materiale, molti seminari a disposizione ed un ambiente molto internazionale. Lavorare fianco a fianco con persone che vengono da quasi ogni parte del mondo é un’esperienza importante sia da un punto professionale che da un punto di vista umano. In Italia, per mia esperienza, lavorano pochissimi ricercatori stranieri, ed é molto male. Ma giustamente, se noi andiamo via, perché loro dovrebbero venire, combattere per avere un permesso di soggiorno e poi lavorare sottopagati? Altra differenza sostanziale é che si é tutti allo stesso livello (generalmente), quindi uso lo stesso stile di comunicazione con uno studente o con il professorone in aurea di Nobel. Vieni giudicato solo per quello che produci da un punto di vista scientifico, non conta (generalmente) essere figli di qualcuno o avere raccomandazioni in alte sfere. Questo non vuol dire che non esistano i “circoli privilegiati”, ma il 90% di chi ci é dentro lo é per i propri meriti sul campo, e attrarrà altre persone meritevoli intorno a se. 

Aspetti positivi e negativi del mondo del lavoro in Svezia? 

Parleró qui solo di aspetti lavorativi allora, non di “societá” in generale. Gli aspetti positivi sono le ore di lavoro giornaliere, che sono teoricamente otto, ma tanto poi si sa che in un laboratorio si lavora a ciclo continuo Altrove alle 16:00-17:00 in genere si va a casa, anche se nelle company c’é chi lavora fino alle 17:30-18:00. Esistono alcune persone che lavorano anche di notte poi da casa. Ci sono poi il gran numero di giorni di vacanza (25-30 giorni), il rispetto per il lavoratore, le leggi ed i regolamenti, la paritá di trattamento tra uomini e donne, la possibilitá di avere 10 mesi di paternitá e 10 di maternitá pagati, lo stipendio arriva sempre nello stesso giorno puntualissimo. É possibile farsi rispettare per la qualitá del proprio lavoro, indipendentemente dalla tua etá. Quando sono arrivato qui avevo 26 anni, e giá dopo due anni avevo studenti da seguire e potevo inventare nuovi progetti e seguirli in quasi totale autonomia, chiedere fondi. Ho poi avuto la fortuna di lavorare con una persona (il mio supervisore) che aveva voglia di provare cose nuove, che era molto appassionata di quello che faceva, ed ovviamente non accade sempre. Alla fine il lavoro ed un pizzico di fortuna ci hanno fatto pubblicare tre articoli in tre anni, di cui con primo nome su Nature Cell Biology. Forse un aspetto negativo é che in alcuni luoghi di lavoro (non dove sono io) si é quasi costretti a fare due pause caffé al giorno di 30 minuti sempre alla stessa ora per “socializzare” con i colleghi. Comunque ho notato che é un’abitudine non molto diffusa nelle grandi company o tra le persone piú giovani. Altro problema, per chi deve “entrare” nel mondo del lavoro, é che spesso si trova lavoro tramite “networking”, quindi tramite conoscenze interne. Che peró non vuol dire che assumono chi é incompetente, quasi mai. Ma che tramite il giro di conoscenze nell’ambiente é piú facile essere conosciuti ed apprezzati per il proprio lavoro, e quindi é anche normale che é piú facile farsi assumere. Molti cambiano lavoro ogni 3-4 anni, il che vuol dire che c’é una rotazione continua tra le varie aziende concorrenti nello stesso campo, e sono in genere i migliori quelli a girare di piú in quanto richiesti. É comunque un fenomeno diffuso ovunque, anche in altri paesi occidentali. 

Come fai per la lingua? 

Io ho sempre lavorato in inglese, visto che nel mio campo é la lingua di uso comune. Poi vivendo qui ho piano piano imparato lo svedese, facendo qualche corso e poi “lanciandomi” con gli autoctoni. Adesso lo parlo fluentemente e tengo anche seminari in svedese in pubblico. É una lingua alla fine non molto difficile secondo me, e poi mi piace parlarla. 

Quali sono le differenze tra la mentalita’ italiana e quella svedese? 

Questa é una domanda da cento milioni di dollari. Non mi piace generalizzare, e secondo me le persone alla fine sono abbastanza simili un pochino ovunque. Secondo me é la societá nel suo complesso che crea delle situazioni per cui le persone poi sono portate a comportarsi in un modo o in un altro. E poi evolve nel tempo, ma anche nello spazio. A me sembra di vedere alcune cose cambiare qui in Svezia da quando sono arrivato quattro anni fa, ed allo stesso modo una persona di Stoccolma ha una mentalitá spesso molto diversa da una che viene da un piccolo paese. Fatta questa premessa secondo me in generale gli svedesi hanno la tendenza a dare una grande importanza al fatto di essere in perfetto orario, a pianificare tutto con largo anticipo. Ci si puó affidare abbastanza bene al sistema una volta che ci si é dentro, e piú o meno si sa come andranno le cose. Un italiano, abituato a vivere e soprattutto a sopravvivere in Italia, ha secondo me sviluppato diverse abilitá di improvvisazione e di adattamento superiore alla norma. Altra cosa che apprezzo molto in Svezia é il rispetto da parte dei superiori. Insomma sono sempre stato trattato come un essere umano ed una risorsa per il laboratorio o per l’azienda, e mai come un limone da spremere. L’idea che é che non si vive per lavorare, ma che é fondamentale avere una vita bilanciata tra la parte lavorativa e quella privata. Questo, in veritá, l’ho notato anche con altri superiori non svedesi ma di altri paesi europei. Infine c’é pochissima voglia di “fregare il prossimo” da queste parti, ci si puó fidare abbastanza. Questo non vuol dire che si puó vivere con gli occhi chiusi e senza guardarsi le spalle, ma diciamo che non é un esercizio quotidiano come era in Italia. 

Che consigli daresti a chi vuole seguire le tue orme? 

Secondo me la cosa principale se si vuole diventare ricercatori é di andarsene il prima possibile, e fare un dottorato all’estero. Non é facile ma nemmeno impossibile. Probabilmente é molto piú semplice essere assunti per un dottorato fuori che per un post-doc quando il dottorato in Italia non é stato molto fruttuoso. Non bisogna lasciarsi incantare dalle sirene che ti promettono un posto dopo 10 anni come “sottoposto” (tipo film di Fantozzi per capirci). Anche perché, se proprio ci si arriva anche a 40 anni, ci si scontrerá con la mancanza di risorse croniche in Italia, e si avrá uno stipendio pari a quello di chi si occupa di pulizie in altri paesi esteri. Ci sono ovviamente eccellenti ricercatori in Italia, che fanno scoperte molto importanti quasi senza risorse, ed alcuni centri di ricerca eccellenti, spesso finanziati da enti esteri. Ma mi chiedo, ed é una valutazione personale, se valga la pena dover lottare tutti i giorni della propria vita, quando un bravo ricercatore é ben richiesto in molti paesi, ben pagato e soprattutto gli viene dato/a una prospettiva di vita dignitosa. Poi ovviamente altri consigli sono imparare la lingua del posto, essere curiosi in generale verso le cose nuove e diverse. Alla fine chi ha delle buone competenze e soprattutto ha dei buoni “social skills” riesce a trovare la propria strada in qualunque situazione.