Il cardinale Carlo Maria Martini, da tempo malato di Parkinson, è morto, lo comunica l'arcivescovo di Milano, Angelo Scola. Un anziano sacerdote, che non ha voluto rendere noto il proprio nome,• ha detto ai giornalisti che lo hanno avvicinato per chiedergli se sapesse qualcosa del Cardinale, «Martini è morto». «Era un grande uomo - ha aggiunto l'anziano sacerdote - un grande studioso, ci ha lasciato tanti insegnamenti, era un uomo di Dio». Poi si Š allontanato in auto. Stamane l'annuncio che lo voleva entrato in fase terminale: «Dopo un'ultima crisi, cominciata a metà agosto, non è più stato in grado di deglutire nè cibi solidi nè liquidi. Ma è rimasto lucido fino all'ultimo e ha rifiutato ogni forma di accanimento terapeutico».
IL RIFIUTO DELL'ACCANIMENTO TERAPEUTICO «Il cardinal Martini soffre di Parkinson da tanto tempo, circa 16 anni, e ha sempre dichiarato la sua malattia», ricorda Pezzoli, responsabile del Centro per la malattia di Parkinson e i disturbi del movimento degli Istituti clinici di perfezionamento (Icp) di Milano. Il neurologo, cofondatore e presidente dell'Associazione italiana parkinsoniani (Aip), ha seguito l'arcivescovo emerito «negli ultimi 10 anni» e «l'ho visto anche questa mattina». Nel 2002 il cardinal Martini aveva scelto di vivere a Gerusalemme ed è tornato in Italia nel 2008 «per complicanze non necessariamente legate alla sua patologia. Va infatti considerata anche l'età anagrafica», precisa Pezzoli. «Fino al rientro in Italia le sue condizioni sono rimaste discrete, ma il cardinale ha cercato di vivere una vita normale fino all'ultimo, praticamente fino all'ultima crisi». «Dopo un episodio di disfagia acuta - continua il neurologo - il cardinal Martini non è più stato in grado di deglutire nulla ed è stato sottoposto a terapia parenterale idratante. Ma non ha voluto alcun altro ausilio: nè la Peg, il tubicino per l'alimentazione artificiale che viene inserito nell'addome, nè il sondino naso-gastrico. È rimasto lucido fino alle ultime ore e ha rifiutato tutto ciò che ritiene accanimento terapeutico».